Dopo una lunga giornata di lavoro mi accingevo a tornare a casa e a spalmarmi, inerme sul divano. Però, avvicinandomi a casa, mi ricordavo che gli amici di
Base Democratica, avevano organizzato un incontro con Umberto Ambrosoli, avvocato penalista e figlio dell' avvocato
Giorgio, commissario liquidatore della Banca Privata di Michele Sindona, assassinato da un killer, l' 11 luglio del '79.
Avevo già visto alla televisione una intervista ad Ambrosoli in occasione della presentazione del suo libro "Qualunque cosa succeda", dove raccontava della vicenda del padre e dell' insegnamento che egli ha tratto dal suo comportamento integerrimo.
Insomma, la formazione "Ambrosoli - Senso Civico" ha battuto l' agguerritissima concorrente "Divano-Birrozzo" e mi sono dirottato così sulla biblioteca comunale, prestata per l' occasione a questo incontro dibattito.
Poichè la drammatica vicenda di Giorgio Ambrosoli, è piuttosto lontana nel tempo, oltrechè mai abbastanza citata, occorre fare una rapida sintesi di chi era, cosa ha fatto e perchè è stato ucciso, ad uso dei più giovani e dei più pigri.
Come accennato, il nostro fu incaricato nel '75 di liquidare questa Banca Privata, in fallimento perchè utilizzata da Sindona per effettuare una serie di maneggi per lo più illegali. Ambrosoli svolse il suo compito con competenza ed integrità, di fatto solo contro tutti, giacchè il Sindona, contiguo alla mafia, si permetteva tutte queste disinvolture amministrative anche foraggiando i partiti politici. E così pagò con la vita la propria ostinata opposizione a qualsasi accomodamento che potesse rimettere in sella il reo Sindona e scaricare sulla collettività il costo delle sue malefatte.
Ambrosoli fu un
un eroe borghese. Un uomo "comune" che intese il proprio ruolo con senso del dovere e della responsabilità.
Il figlio Umberto, bambino all' epoca dei fatti ed oggi avvocato penalista, fa il giro di scuole, istituzioni ed associazioni culturali per raccontare la storia del padre, per spiegare la formidabile normalità di ciò che ha fatto e per farci riflettere sui diversi livelli di responsabilità che gravano nel caso di atti criminali come questi, perpetrati contro servitori dello Stato.
Con una serenità, un ottimismo ed un equilibrio che io per me stesso posso immaginare solo parlando di badminton o di terriccio per la coltivazione dei cactus (è difficile mantenere la calma, raccontando delle responsabilità dell' omicidio di tuo padre), Umberto spiega che se la prima responsabilità dell' omicido del padre riguarda ovviamente gli assassini veri e propri, un secondo livello è a carico dei soggetti politici, delle istituzioni e dei gruppi imprenditoriali che colludono con questi delinquenti o che semplicemente ci fanno affari. O che, per viltà, tacciono pur avendo l' obbligo morale, se non istituzionale, di denunciarli.
Vabbè, facile fino a qui. Gli assassini sono assassini, sui politici si è detto di tutto ed i grandi imprenditori...bè, meglio soprassedere.
Ma Umberto, con un sorriso entusiasta quasi naif, va avanti ed assegna un altro livello di responsabilità, quello forse più rilevante, e con esso trasmette il suo più grande insegnamento. Parla della responsabilità della società nel suo complesso, una società che rende "accettabile" un omicidio come quello dell' avvocato Ambrosoli, o come quelli di Carlo Alberto Dalla Chiesa e di molti altri, troppi, eroi comuni. Lo rende possibile con il suo silenzio, con la propria passiva accettazione di ogni sopruso o imposizione. Lo rende possibile perchè di per sè non ritiene la legalità un valore assoluto ed imprescindibile, facendo passare così un funzionario integro e zelante come un marziano perfino un pò fastidioso. Sacrificabile.
Una società che non si indigna per la sfrontatezza dei potenti. Una società che non si interroga, che non ragiona con la propria testa sui fatti che accadono e che riguardano tutti.
Una società, in particolare quella italiana, che vive immersa in uno strato di furbizie e quotidiani elusioni della legalità. Come si può pensare che questa società esprima vertici migliori di se stessa? E se leggendo queste righe, qualcuno penserà che io stia esagerando, lo invito a fare il conto di quanti suoi amici si vantano di non pagare il canone Rai, la gabella più odiosa è vero, ma proprio per questo il banco di prova più attendibile. Sei uno che segue le regole, oppure sei di quelli che sceglie quali tasse pagare e che se possibile non le paga? Il canone Rai potrà rivelarti molto di te, di quale governo meriti e di quanta responsabilità hai su certe tragedie. Di quanto simile sei a certi personaggi che fanno e disfano leggi a seconda della propria convenienza.
La parte in corsivo riguarda mie personali considerazioni e di sicuro non riflette il pensiero di Umberto Ambrosoli. Forse.